Archivio | aprile, 2020

old south ❌

29 Apr

Riverdale High School
160 Roberts Dr, Riverdale, GA 30274
+1 770-473-2905 GEORGIA, U.S.

https://maps.app.goo.gl/sDG1sTmw5Wb2AwgT9

“E’ quì che ho studiato”.

Si e’ schermata gli occhi con la mano.

“Studiato per modo di dire” fa. “Sai”.

Sapevo.

Consapevole delle sue “lacune” spesso Becca ha l’abitudine di buttarsi giù, di sminuirsi, di sotterrarsi con le sue stesse mani in una fossa di fango e merda e io non lo sopporto.

Il suo atteggiamento da -sono- ah!
Mi da su i nervi di brutto.

Non conosci o hai dimenticato i versi di Whitman e allora?! Non e’ un reato. L’ho pensato e glielo ho detto.

In risposta mi son beccato un grugnito che mi ha ulteriormente irritato.

“Beh, alla fine quì non serve la cultura”.

Se intendeva dire quì in Georgia si era macchiata dell’ennesima eresia.

Da qualche tempo era strana.
Insolitamente silenziosa.
Insofferente.

Capirai -ho pensato- fossi io come te.
Avessi anche solo la metà del tuo coraggio.
Hai cicatrici ovunque e per certo verso son come medaglie al valore.
Io mica ho le palle per fare ciò che fai tu (una gara dopo l’altra e così) come m’ha detto ad Amarillo.

Pensieri odiosi e pure concreti.

Il conto degli otto secondi su una mezza tonnellata di muscoli e furia; dì.

Non conosco cowboy capace di tenerti testa e anche questo le ho detto con livore, si, e non mi pento di aver abbaiato perché ero con lei pure a Fort Worth quando ha rischiato di lasciarci le penne: quel mozzicone d’osso che le aveva lacerato i calzoni non l’ho mai dimenticato. Una delle scene più orrende che abbia mai visto e sei sulla breccia come e più di prima.

Pensieri amari e pure concreti.

Non capisco cosa le passa per la testa da un po’ di tempo, davvero.

Non ho il coraggio di domandare apertamente perché ho paura (tanta) di incrinare il nostro sodalizio
(più che amicizia non amore più che bene) un sublime casino.

“Torniamo a casa”.

Non ha aperto bocca per tutto il tragitto anzi si -per dire cazzo- c’ho una ruota a puttane.
Era vero perché il Pick-Up tirava tutto a destra e chissene.

Sei una campionessa!

Hai $oldi.
Non più una famiglia e non sai quanto ti sia vicino per questo ma brilli come un diamante pure nel buio più fitto e non e’ un caso se la parete sinistra del mio seminterrato (off limits a Giovanna, ovviamente) poiché territorio rigorosamente maschile, e’ tappezzata di ritagli dei tuoi trionfi.
E’ il mio rifugio e il mio sollievo ogni volta che la vita mi costringe in ginocchio.

Tira un vento impossibile quest’oggi e la bandiera confederata sotto alla sua veranda non e’ moscia ma e’ viceversa ben tirata con mio grande piacere e suo pure, neanche a dirlo, tuttavia rimane torva e cadesse il mondo voglio cavarle fuori la ragione di questo malessere a costo di sbatterla a terra a suon di calci nel culo, e tra l’altro, nel caso, non sarebbe impresa facile perché tiene la forza di una tigre. Lo so per certo.
Non l’ho provato sulla mia pelle ma conosco ragazzi che se la sono filata ciondolando; l’han presa per il culo e hanno avuto ciò che meritavano.
STRONZI!!!!!!!

Sediamo in veranda per forse dieci minuti fumando in silenzio.

Troppo vento perciò entriamo in casa.

“Jim Beam?!”.
Le ho risposto -sai che non bevo più-

“Non ci pensavo”.

Le dico che non fa nulla.

“Perché sei così giù?!”.

Mi da(va) le spalle.

Poi ho guardato meglio e ho carpito al volo la ragione del suo tormento.

I suoi occhi azzurri e belli e grandi erano perduti in quel mentre nella “fotografia” che le stava più a cuore e strano a dirsi ma e’ vero come e’ vero che ho due gambe non aveva a che fare con le sue imprese.
Era un foglio schizzato a matita che ritraeva i valorosi sudisti nell’atto di una cruenta battaglia e mi e’ venuto in mente il brano “Gibbonsville Gold”.

Abbiamo -e mi ci son messo anch’io- perduto con onore.

M’ha guardato più che male, malissimo, più che malissimo, peggio che mai.

“Ok, non sono io il guerriero e non sono io il cowboy e probabilmente non avverto il dolore che senti tu ma…”.

Come se mi avesse letto la mente ha detto: “american remains”.

Era così – ma pazienza.

Avrei voluto dirle “secession war is over” ma non mi sono sentito il cuore di farlo.

“Viviamo il presente”. Poteva andare?

Altra occhiataccia.

“Appunto” ha detto. “Siamo andati”.

Aveva ragione -di straforo-rischiando una denuncia se non un arresto.
Avrei dovuto capirlo nel momento stesso in cui mi aveva detto -ti mostro un posto- ma non l’ho capito.

IL VIRUS NON PERDONA NESSUNO INCLUSI GLI EROI DI IERI E DI OGGI

“Sai da quanto tempo sono tappata in questa casa del cazzo?”.

Ho risposto da quando lo siamo tutti ma ho pestato un’altra merda e l’ho capito quando ho visto i suoi stivali che sembravano appena comprati: lucidi e immacolati.

“Non ho più sfiorato un lazo” ha detto. “Volevo farlo per ricordarmi quale e’ il mio posto nel mondo ma non ne ho avuto il coraggio”.

“Un dito di whiskey, dai” .

SI LO VOGLIO!

E l’ho scritto in maiscuolo perché mi e’ crollato il mondo addosso al suono di quelle parole.

“Non ho più sfiorato…”.

Ha ripetuto parola per parola con i muscoli del viso talmente tesi da sembrare una statua di ghiaccio, un pupazzo di neve, una vita che si era in effetti congelata per cause di forza maggiore.

VAFFANCULO e l’ho scritto in maiuscuolo e sottolineo che ci siamo presi una sbronza atomica e il giorno seguente l’ho passato con una bacinella sulle ginocchia.

Ho ripensato al cartello con scritto alla bell’e meglio redneck zone e ho capito due cose: la prima ad essere sinceri l’avevo capita già da un pezzo ma la seconda mi suonava come l’inno nazionale alla parata del quattro luglio. Non credo che ci sia altro da aggiungere.

-strappo alla regola e ve lo dico-

la prima: real cowboys will survive, as always (non può essere altrimenti) perché so che prima o poi lo stivale immacolato che spuntava da dietro il divano tornerà ad essere lordo di lacrime, sangue, terra, paglia e fango come e’ giusto che sia quando sei come Becca: l’incarnazione del vecchio sud che se ne fotte del nuovo sud e chi vuol capire capisca.

di Gianmarco Groppelli

Tutti i diritti sono riservati

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100% Dixie

29 Apr

https://gianmarcogroppelli.files.wordpress.com/2019/09/screenshot_2019-09-25-13-30-16-1-1-511404317.png

GIANMARCO GROPPELLI www.piacenzasera.it

29 Apr

https://wp.me/p2hrxz-3KX

“CB part .2” MA, Massachusetts U.S.

28 Apr

Ho mollato molte cose nella mia vita:
Jim Beam, falsi amici, fidanzate infedeli, ridicole riviste di settore cinematografico indegne di questo nome che mi volevano a bordo, squallidi programmi televisivi, libri altrettanto indegni di questo nome ed e’ stato sublime depennare perché c’era quella cosa meravigliosa con la sua magica influenza a riscattare la banalità del fottuto quotidiano vivere e che dall’oggi al domani mi aveva liberato dalle catene che mi costringevano
-un orgasmo all’ennesima potenza-
nondimeno in questa notte piovosa, detestabile e puttana il mio dovere e la mia necessità sulla carta mi suona a lutto (si, proprio adesso) e ve lo dico, cinque minuti ancora e scriverò di una certa persona che m’ha rubato l’anima per trarne il piacere sadico di annientare qualcosa di vivo.
Prendetelo come un vaffanculo nei suoi confronti come ho fatto io quando le dissi vaffanculo (moooolto tempo fa) ma allo stesso tempo, lo ammetto, non vi e’ cosa a questo mondo che ispiri l’artista quanto una cruda sofferenza quindi per certo verso mi sento di RINGRAZIARE questa troia del cazzo alla quale dedicherò il foglio bianco, ancora per poco.

dal testo “Storie di vita” di Gianmarco Groppelli

edito da centro culturale “E. Manfredini” Tradizioni e Prospettive

Tutti i diritti sono riservati

Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa senza il permesso dell’Editore

Progetto grafico impaginazione e stampa Nuova Linotipia Piacenza

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hide and seek (in a way)

18 Apr

0541 Rimini (RN) 21:45

reading di Gianmarco Groppelli

Terzo giorno in tournée ed eravamo stanchi e piuttosto di malumore, non proprio sottotono ma poco ci mancava.

Dopo lo show siamo tornati in albergo per rilassare corpo e cervello (specialmente il cervello) con un drink ristoratore (anche 2 o 3 o 4 ) l’importante era riacquistare la pace e tutto e’ concesso -tutto fa brodo- “va bene”
era chiaro ci saremmo ubriacati (tutti) me compreso; uno strappo alla rigida regola che mi ero imposto xke’ un alcolista rimane per sempre un alcolista e non c’è ex alcolista – un alcolista lo e’ a vita -ma la tensione era troppa- e quindi bevvi anch’io, “poco” rispetto agli altri, ma il certo e’ che ci avevo dato di gomito e già al secondo giro non capivo più un cazzo di quel che (era) tutt’intorno e dentro di me.

Un bell’albergo luminoso e i whiskey erano eccellenti in vasta gamma ed era un piacere indescrivibile assaggiarne un poco di questo e un poco di quello.

A un certo punto mi si avvicina un giovanotto, un bel ragazzo in camicia rossa e mi chiede

“Perché?”.

Butto giù un sorso al colpo.

“Perché cosa esattamente?!” faccio io.

“Perché proprio Emily Dickinson?”.

Mi faceva strano.

C’ho riflettuto forse un minuto.

Perché e’ una delle mie poetesse preferite -l’ho pensato- ma ho tenuto quel pensiero per me. Ho fatto spallucce.

“Perché era in scaletta, immagino”.

La faccia del ragazzo si stringe come un pugno tramutandosi all’istante in delusione 100%

perché e’ una delle mie poetesse preferite ed era in scaletta! @ncora una volta giocavo da capitano (in teatro) ma non valevo una cicca e il mio parere contava sinceramente poco o niente – l’ho pensato ma non l’ho detto

ho buttato giù un altro sorso

“Era in scaletta”.

Avevo capito al volo; i suoi occhi belli e lucidi e grandi e trepidanti potevo leggerli come un libro aperto e mi spiegavo la sua palese delusione

“Solo per questo?”.

Non mollava (aveva circa 25 anni) e no, non mollava.

Molto probabilmente avrei tributato Emily fosse dipeso da me e tolgo il “forse” ma non era così-era in scaletta- e restava a metà strada tra le mie quattro reading, un intermezzo musicale e un audio video di Umberto Saba.

Si aspettava una qualche rimpolpata, edificante, emozionante, interessante e ardente ragione per quella mia scelta ma non era così – non era andata così

ERA IN SCALETTA!

mio malgrado -e stavolta l’ho detto- attacco l’asino dove vuole il padrone

“Ah, pensavo fosse lei la star” ha detto.

Si e’ stretto nelle spalle a sua volta.

“Pensavo fosse lei la star”.

– era così – certo! – certo? – si!

non mollava sul fatto della scaletta

gli ho detto che col tempo avrebbe imparato che dietro a una “star” vi e’ un esercito di persone e motivazioni e clausole e contratti e patti e compromessi e decisioni e soldi in ballo

si -la sono- (gli ho detto così) ma resto pur sempre una marionetta ben pagata

-contentati- faccio io

ha annuito

domani ci sarà un bell’articolo su i giornali, non hai buttato via denaro per nulla, sono quì davanti a te -ho detto-

altra gente sarebbe al settimo cielo per questo…

ma non mi veniva proprio dal cuore perché sapevo di essere in paradiso ma legato all’inferno al medesimo tempo -si- e’ stato fantastico!

gli ho detto che era stato fantastico

“Come ogni volta in giro per il mondo e Dio solo sa se dico il vero, ragazzo”.

Gli ho chiesto se voleva un autografo su una delle magliette (felice intuizione di Sveva Onorato) e m’ha risposto

“Magari alla prossima” (quando e dove?)

bella domanda – perdona la crudeltà ma NON NE HO LA PIÙ PALLIDA IDEA ma non l’ho detto

“Grazie del suo tempo” pausa. “Si”.

-si- l’ho detto a mia volta

“Anch’io voglio diventare un poeta” pausa. “Considerato come lei”.

{ho} cremato il whiskey e ne ho ordinati altri due

ho detto -per un futuro raggiante- o roba del genere

ha poggiato le labbra facendo finta di bere e ha posato il bicchiere

“Vado a casa ora” ha detto. “E scrivo”.

[ ho ] sorriso e mi veniva da vomitare!

“Bene” dico io. “Così si fa”.

Uno scrittore scrive e io amo la poesia, ha detto così tanto col cuore in mano quanto io col bicchiere in mano -ho pensato-

QUESTO FARÀ DELLA STRADA mi son detto

troppo whiskey e ho passato la notte piegato sul water ma ne era valsa la pena

non il tutto esaurito ma una bella soddisfazione -lo dico- legato per sempre al paradiso così come all’inferno e benedico entrambi SONO sincero a costo di ripetermi: non germoglia nulla di geniale da una vita “ordinaria” e la mia e’ stata una STUPENDA VITA del cazzo ed e’ forse per questo che mi son buscato applausi, denaro, scatti di rito e un bell’articolo a colori (ancora una volta)

non l’ho detto al ragazzo (a voi si) che ho mentito: sapevo esattamente giorno, data, città e ora della prossima esibizione

passatemela per favore xke’
nessuno e’ perfetto.

da “Storie di vita” di Gianmarco Groppelli

edito da centro culturale “E. Manfredini” Tradizioni e Prospettive

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aubergine

12 Apr

“Non ci crederà, sa”.

Infatti.

-zo’ vuole questo?- ma non l’ho detto.

Era secco come un legno secco con una faccia bislunga che terminava su di un mento bucato tipo Kirk Douglas (RIP) ma a differenza di Kirk ero sicuro che fuori del lavoro quello si batteva tutti i bagni turchi della città (…)

l’ho dato per scontato (il lavoro) xche’ uno che scassa i coglioni porta a porta di sabato mattina o e’ uno davvero tosto o non ci sta molto con la testa.

Dicevo, non ho nulla contro gli omosex ne conosco “tanti” brave persone ma se posso aprire una parentesi che non ha a che fare con la faccia bislunga del tizio, mentre mi seguiva in casa ho pensato che per una qualche occulta ragione (almeno per me) e non l’ho mai capito, gli omosex sembrano avere un maggior contollo dei loro istinti (Dahmer&Co sono fuori gioco e’ chiaro) ma per quanto riguarda gli altri (ribadisco, di certo non Dennis Nilsen) ma quelli regolari, sono regolari e rispettano il tuo orientamento, di solito, si limitano ad “invitare” diciamo così e se uno non e’ d’accordo se ne fanno subito una ragione; l’ho notato (l’ho provato) e avevo l’età che avevo.

@ differenza di loro, noi primo incontro: pergolato romantico/candele profumate/rosseggianti tramonti sul filo dell’acqua o una latrina di Autogrill e’ uguale (se a un uomo tira) e la donna e’ quella “giusta” glielo mettiamo al culo prima di finire il vino, mi capite si.

Ve l’ho detto che non aveva a che fare, ma volevo dirlo.

“Ah si” ha fatto lui. “Luminoso”.

-zo’ vuole questo?- ma non l’ho detto.

Gli ho chiesto se voleva una tazza di caffè e lui e’ arrossito come una ragazzina, poi ha alzato le spalle e inarcato il sopracciglio e non c’ho capito una mazza ad ogni modo l’ho preso come un si.

Smanetto sul piatto dei fornelli e dal salotto quello mi urla che lo prende NERO – COME LA NOTTE – SA – SI.

-Xristo- e mi sa che m’ha sentito.

Eccolo, nero come la notte!

-dunque, qual buon vento-
un ben celato -zo’ vuole questo?

“Non ci credera’ mica, sa”.

-faccela – dai – c’ho le bozze- ma non l’ho detto.

“Una volta forse su un milione” pausa. “Il più delle volte ti lasciano sullo zerbino”.

-zo’ dice questo?-

“E’ il primo di oggi”.

Ha guardato l’orologio.

8:35

una mattina raggiante ha detto così più o meno ha detto in tutti i sensi, caro signore

in effetti c’era il sole per la prima volta dopo 5 giorni di acqua

-zo’ dice questo?-

“Un caffè strepitoso”.

-non vorrei metterle fretta- ma sa com’e’ – ho fatto io – e mi sono diretto alla porta come a dire: “Tempo scaduto my friend”.

“Un esperimento sociale” pausa. “Riuscito nel migliore dei modi”.

Ha detto “vorrei abbracciarla” e io ho risposto -non fa nulla ho la febbre- del sabato che mi sta sulle palle già di suo perché i vicini cioccano più del solito mica adesso (dormono) ma nel pomeriggio si scatenano, sa, caro signore

gli ho chiesto se avessi dovuto cacciarlo -insomma che avrei dovuto fare perché l’esperimento andasse male!? oramai ero curioso- un po’

“Un caffè strepitoso”.

-grazie-

“Glielo avevo già detto!?”.

-si, ho capito che elemosinava caffeina quand’era ancora in macchina-

Si e’ piegato dalle risate.

“Lei e’ uno spasso” ha detto. “Che forza”.

Mi hanno dato dello stronzo, del genio, del misantropo, del cuore impavido, del buffo, del goffo, del gallo, del bullo, del cupo, del prof pignolo alle porte dell’estate ma non mi hanno mai detto che – sono uno spasso – casomai vattene a spasso – ce l’ho ancora in testa il vaffanculo di Cinecittà e gli ho chiesto se poteva dirlo di nuovo

ha ripetuto

si, avevo capito bene (spasso)

-non vorrà mica andarsene così- ho fatto io che non glielo ho chiesto l’ho brancato per una manica tirandolo a me e l’ho seduto sul divano

-qua’ la tazza- esperimento sociale

ha sbarrato tanto d’occhi

“Lei e’ strambo” ha detto. “Che mito”.

-qua’ la tazza -zo’vuole questo?-altro caffè e ho pensato che ero lì per quello

NERO COME LA NOTTE ecc ecc, pronti!

“La regista vorrebbe congratularsi con lei, immagino” l’ha detto adagio. “La prego”.

faccia aspettare – qua’ la tazza!

ha allungato il braccio senza entusiasmo viceversa io nel versargli il caffè nero come la notte ecc ho provato un piacere MORTALE che ci andava vicino…

…ho sentito uguale quando Giovanna aveva lasciato il suo numero a mio fratello (per me) ♡ tantissimi ti amo fa.

estratto de “Storie di vita” (2002) di Gianmarco Groppelli

edito da centro culturale “E. Manfredini” Tradizioni e Prospettive

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Redneck zone ❌

12 Apr

Più o meno cento metri prima della casa di Becca si incontra un cartello (beh, non proprio un cartello) che recita a grandi lettere rosse REDNECK ZONE. E’ un trancio di compensato inchiodato a viva forza sul tronco di un albero più grande degli altri lì intorno quasi a voler palesare il fatto che hillbilly e simili non sono per nulla i benvenuti, ma proprio per nulla. L’ho incontrato milioni e milioni di volte e altrettante, oltrepassandolo non me ne sono mai curato seriamente ma stasera c’è qualcosa di insolito e particolare e forse perfino inquietante che mi ha spinto a catturare col cellulare quel rigoroso ammonimento.
Sono certo che non sia stata Becca a scrivere quelle parole: ne sono certo?
In effetti no, ma e’ sicuro come l’inferno che si, in questa zona le armi moderne così come i cellulari e tanta altra roba “stridano” come un insulto a queste persone (Becca compresa) la quale incarna solo in parte l’etnia che la fa da padrone, quì, appunto adesso e da ancor prima che noi si nascesse e mi riferisco a noi due.
Slogan razzista?
Io credo, mi piace pensare anzi che questo pezzo di terra dove la gente “comune” non vuole andare dopo il tramonto vada orgoglioso del fatto (se un pezzo di terra può andare orgoglioso) di mantenere vive tradizioni e quant’altro, sia cosa giusta.
E’ solo il mio pensiero – un pensiero scaturito dai recessi della mia mente con una sorta di doverosa cautela ma si, credo sia cosa giusta (i wish a buck was still silver when the country was strong…) e perdio! Ci vuol poco a immaginare che questa vecchia, cara America senta forte la necessità di sopravvivere nonostante i travagli che ha passato e che tutt’ora sta passando. Forse, dico forse e’ anche per questo che Becca e’ una campionessa e non mi suonano per caso le sue gloriose medaglie da ogni parte del paese.
Cowgirls o Cowboys non conta poi tanto – basta vincere: Becca said that long time ago ed eravamo “fuori patria”; se la memoria mi assiste in Colorado perciò ben venga la tradizione mandriana divenuta nel tempo uno degli spettacoli più cari alla gente, il rodeo.
Quanto alle armi di ultima generazione quì se ne vedono poche ma…
chi vuol capire capisca e Becca spara alle lattine vuote (anche piene a volte) con una perizia che non ha nulla da invidiare ai maschi perché le pistole pesanti a tamburo tipo John Wayne crescono viceversa come i funghi in tutta la zona Redneck marcata da quel pezzo di compensato al quale stasera ho voluto fare una foto perché nel bene e nel male anche su questo punto e’ possibile parlare di tradizioni, usi e pensiero…
il resto e’ storia più o meno nota
-are there any more real cowboys?- dico di si, comunque e nonostante tutto

…America will survive!

estratto de “Storie di vita” (2002) di Gianmarco Groppelli

edito da centro culturale “E. Manfredini” Tradizioni e Prospettive

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eyes

12 Apr

questa notte?!

non ancora morto – quasi vivo

incontro gli occhi di papa’ e rivedo i milioni di errori che ho fatto nel corso della mia squallida vita tuttavia non vi e’ traccia alcuna di malevolenza in essi perché gli occhi di un padre sono come un giardino nel quale il rancore non germoglia, mai

205 Birmingham AL U.S. 1998 settembre 15

“Del sale era il profumo” di Gianmarco Groppelli
edito da Vicolo del Pavone

via Giordano Bruno, 6
29121 Piacenza (PC)

volume supportato da audio CD per non vedenti

introduzione a cura di Ugo di Martino (udim)

comprensivo di illustrazione del maestro William Xerra

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delirium “on the stage” paparazzi fights outside Hotel ( – 7 on air )

7 Apr

Mi sono alzato (a metà) con i gomiti affondati nel materasso e ho pensato -fanculo- (non a metà) ma in ogni lingua del mondo! Fuck…ecc ecc

ho inforcato gli occhiali da sole; la radiosveglia sulla credenza segnava n●ttE F●ndA

Giovanna che beve birra in poltrona: chissene, sai che novità

come se mi avesse letto la mente

“Silenzio!”

mi porto dietro alla poltrona

i suoi capelli odorano di vaniglia (adoro la vaniglia) l’aroma della vaniglia e non sopporto i capelli bagnati che bagnano la poltrona e parte delle mie dita ma ormai e’ tardi (finalmente la pubblicità) e Giovanna si volta, scuote la testa, ride e mi chiede se ho indossato gli occhiali da sole in casa (di notte) per emulare Hank e le ho detto

-ho un mal di testa orrendo-

mi chiede perché mi sono alzato, se (ho mal di testa) il che equivale a dire “torna a letto”

-fico-

passavano “Il posto delle fragole”

vi era stato un periodo nel quale ci piaceva stare alzati a guardare la tv nel cuore della notte

sono cambiate molte cose e praticamente una mazza per certo verso (a metà) e mi chiedo cosa voglia dire perché non ne ho idea; da un po’ di tempo vedo solo in parte, la metà di una cosa, la metà di un’altra ma non conservo nessun ricordo dell’insieme (vallo a sapere)

ho fatto uno strano sogno, probabilmente innescato dall’ennesino esperimento culinario di mia suocera

era buono, più o meno, però era brutto a vedersi: restava orribilmente a metà strada tra un panettone gastronomico tutto torto a destra con la mostarda che colava dai lati, e una sorta di sandwich per ciclopi dal colore inquietante

anyway…

cose a metà!

1. Un mezzo bicchiere di Jim Beam bordo alto

2. Due fette di prosciutto al miele, tagliate

3. Caffè nero taglia M (nr .2 tazze)

4. Carne essiccata (porzione small)

5. Due pacchetti di Winston

6. Mezzo bicchiere di birra irlandese ma era ghiacciata e l’ho mollata a MeTa’ ma poi ci ho ripensato e l’ho cremata

“Diciotto e settanta”

apro gli occhi e vedo una palla con la bocca, naso e occhiali, un tesserino affisso ad una delle grosse tette (Cheryl) c’era scritto così

ripete, e apre la cassa

-ho sentito-

pensavo di essere nel mio salotto a guardare le spalle di Giovanna che “guardavano” Il posto delle fragole

mi son girato faccia al parcheggio e le ho chiesto da quanto tempo ero lì

mi son beccato un “cazzo ne so” seguito da un “troppo”

i bus passano – sapevo che era un brutto momento per la Amtrak

altro “cazzo ne so”

ok, non c’era nessuna Giovanna (almeno in salotto) nessun canale intelligente a passare Bergman, non c’erano gomiti affondati nel materasso e nemmeno occhiali da sole in casa…

ma qualcosa di vero, si: Jim Beam a raffica ed era chiaro che da lì a mezzo secondo avrebbero chiuso il bar [ero (q-u-a-s-i) pronto]

( -7 on air ) i was late, as always!

1st show Baton Rouge 225, LA

2007

estratto de “Coni d’ombra e lame di luce” di Gianmarco Groppelli

edito da centro culturale “E. Manfredini” Tradizioni e Prospettive (FC 02)

Tutti i diritti sono riservati

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Progetto grafico impaginazione e stampa Tipitalia-Piacenza, 29121 (PC)

Elena Casari # .181 RC2 “Carne che non puzza” di Gianmarco Groppelli

6 Apr

Arkansas, 1982

La piccola comunità rurale di Hot Springs e’ sconvolta dalla scomparsa di Sarah Mary Warners, una bambina di nove anni. L’angoscia degli abitanti e delle autorità aumenta quando sulla riva di un laghetto in un’area boscosa, un fungaiolo si imbatte in uno zainetto rosa malcelato da un cumulo di foglie secche e terriccio.

“Titolo inquietante e bizzarro.
Il sipario si apre sullo sfondo idilliaco di una piccola comunità dove tutti si conoscono. Un luogo ideale nel quale crescere e spendere i giorni che non tornano della giovinezza.
E’ quest’ultima il perno centrale.
L’ingranaggio che origina la motivazione di queste 134 pagine circa.
La giovinezza perduta narrata attraverso i ricordi del vice sceriffo della contea di Garland, Sean Richardson, costretto su una sedia a rotelle in seguito ad un tremendo incidente stradale nel quale sono rimaste uccise la moglie e la figlia, una bambina di dodici anni nel 1953.
Sottotrama e al medesimo tempo linea centrale del racconto; Sean Richardson scompone le tessere che vanno a formare il mosaico per poi ricomporlo.
Un tiro al massacro incentrato su tre personaggi: Sarah Warners, Richardson, e una seconda bambina “senza nome” chiamata dal suo aguzzino, “briciola”.
Quasi del tutto privo di contorno in termini paesaggistici e locazione fatta eccezione per la breve introduzione (una pagina e mezza) nella quale l’autore sacrifica il proprio talento con l’intenzione di lasciare quanto più possibile all’immaginazione soggettiva di ogni singolo lettore.
Una scelta stilistica molto discutibile in quanto nonostante un geniale sprint iniziale il nerbo narrativo rallenta paurosamente per poi ripartire a tutto gas. Scivoloni e cadute di stile sono dietro l’angolo ma l’esperienza di Groppelli fa si che l’insieme mantenga una sua coerenza, credibilità e motivata ispirazione, nondimeno non mancano passaggi da punto interrogativo. Nello specifico anche se non si fa cenno a nessuno dei due, questo sanguinante e a tratti anche nauseante racconto che ha tutte le fattezze di un torture movie made in FR, lascia intendere tra le righe che nella sua apparente, delirante violenza e perversione “fine a se stessa”, il lettore non abbia troppe difficoltà ad individuare riferimenti più o meno espliciti al caso Kroll e/o al caso Natascha Kampusch: rammentiamo (rapimento e prigionia) di una bambina austriaca, era il 1998. Cronaca.
Passato e presente si mescolano: un pentolone nel quale Groppelli ha gettato senza tante cerimonie gli ingredienti che occorrono a sfornare questo piatto (da servire freddo) superfluo dirlo.
Sgocciolante gore “d’avanguardia”. Dialoghi alla Rob Zombie faranno di certo la felicità di alcuni fans dell’autore emiliano.
Quasi tutto funziona premesso che occorre pelo sullo stomaco per arrivare all’ultima pagina.
La violenza fisica e psicologica su i bambini non e’ certo un giardino di rose, come direbbe Edmund (big Ed III) e nemmeno una passeggiata di salute e così continuando ci siamo intesi.
Il fascino di questo lavoro risiede nella vestizione opinabile ma riuscita da trattato pedagogico modellato su misura per essere adattato ai personaggi di modo tale che il lettore non tenda ad immedesimarsi in nessuno di questi in particolare restando concentrato sulla metafora contemplata nel disegno, una volta averlo contestualizzato e soprattutto digerito. Se esiste davvero l’uomo nero o come si voglia chiamarlo allora si annida in queste pagine, per certo.
Il male puro vs la forza del cuore, fisica e mentale. Non intendo fare spoiler! Basta dunque.
Scantinati, celle, catene, ciotole per cani e chi vuol capire capisca. Chissà che in questo orrore non vi sia spazio anche per la scienza in camice bianco (ovvio) un pizzico di Sindrome di Stoccolma e forse…”.

Elena Casari: ☆☆☆

maggio 12, 2018

tit originale “Carne che non puzza”

da “Prima visione e altri racconti” di Gianmarco Groppelli

acquistabile anche online