Riverdale High School
160 Roberts Dr, Riverdale, GA 30274
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“E’ quì che ho studiato”.
Si e’ schermata gli occhi con la mano.
“Studiato per modo di dire” fa. “Sai”.
Sapevo.
Consapevole delle sue “lacune” spesso Becca ha l’abitudine di buttarsi giù, di sminuirsi, di sotterrarsi con le sue stesse mani in una fossa di fango e merda e io non lo sopporto.
Il suo atteggiamento da -sono- ah!
Mi da su i nervi di brutto.
Non conosci o hai dimenticato i versi di Whitman e allora?! Non e’ un reato. L’ho pensato e glielo ho detto.
In risposta mi son beccato un grugnito che mi ha ulteriormente irritato.
“Beh, alla fine quì non serve la cultura”.
Se intendeva dire quì in Georgia si era macchiata dell’ennesima eresia.
Da qualche tempo era strana.
Insolitamente silenziosa.
Insofferente.
Capirai -ho pensato- fossi io come te.
Avessi anche solo la metà del tuo coraggio.
Hai cicatrici ovunque e per certo verso son come medaglie al valore.
Io mica ho le palle per fare ciò che fai tu (una gara dopo l’altra e così) come m’ha detto ad Amarillo.
Pensieri odiosi e pure concreti.
Il conto degli otto secondi su una mezza tonnellata di muscoli e furia; dì.
Non conosco cowboy capace di tenerti testa e anche questo le ho detto con livore, si, e non mi pento di aver abbaiato perché ero con lei pure a Fort Worth quando ha rischiato di lasciarci le penne: quel mozzicone d’osso che le aveva lacerato i calzoni non l’ho mai dimenticato. Una delle scene più orrende che abbia mai visto e sei sulla breccia come e più di prima.
Pensieri amari e pure concreti.
Non capisco cosa le passa per la testa da un po’ di tempo, davvero.
Non ho il coraggio di domandare apertamente perché ho paura (tanta) di incrinare il nostro sodalizio
(più che amicizia non amore più che bene) un sublime casino.
“Torniamo a casa”.
Non ha aperto bocca per tutto il tragitto anzi si -per dire cazzo- c’ho una ruota a puttane.
Era vero perché il Pick-Up tirava tutto a destra e chissene.
Sei una campionessa!
Hai $oldi.
Non più una famiglia e non sai quanto ti sia vicino per questo ma brilli come un diamante pure nel buio più fitto e non e’ un caso se la parete sinistra del mio seminterrato (off limits a Giovanna, ovviamente) poiché territorio rigorosamente maschile, e’ tappezzata di ritagli dei tuoi trionfi.
E’ il mio rifugio e il mio sollievo ogni volta che la vita mi costringe in ginocchio.
Tira un vento impossibile quest’oggi e la bandiera confederata sotto alla sua veranda non e’ moscia ma e’ viceversa ben tirata con mio grande piacere e suo pure, neanche a dirlo, tuttavia rimane torva e cadesse il mondo voglio cavarle fuori la ragione di questo malessere a costo di sbatterla a terra a suon di calci nel culo, e tra l’altro, nel caso, non sarebbe impresa facile perché tiene la forza di una tigre. Lo so per certo.
Non l’ho provato sulla mia pelle ma conosco ragazzi che se la sono filata ciondolando; l’han presa per il culo e hanno avuto ciò che meritavano.
STRONZI!!!!!!!
Sediamo in veranda per forse dieci minuti fumando in silenzio.
Troppo vento perciò entriamo in casa.
“Jim Beam?!”.
Le ho risposto -sai che non bevo più-
“Non ci pensavo”.
Le dico che non fa nulla.
“Perché sei così giù?!”.
Mi da(va) le spalle.
Poi ho guardato meglio e ho carpito al volo la ragione del suo tormento.
I suoi occhi azzurri e belli e grandi erano perduti in quel mentre nella “fotografia” che le stava più a cuore e strano a dirsi ma e’ vero come e’ vero che ho due gambe non aveva a che fare con le sue imprese.
Era un foglio schizzato a matita che ritraeva i valorosi sudisti nell’atto di una cruenta battaglia e mi e’ venuto in mente il brano “Gibbonsville Gold”.
Abbiamo -e mi ci son messo anch’io- perduto con onore.
M’ha guardato più che male, malissimo, più che malissimo, peggio che mai.
“Ok, non sono io il guerriero e non sono io il cowboy e probabilmente non avverto il dolore che senti tu ma…”.
Come se mi avesse letto la mente ha detto: “american remains”.
Era così – ma pazienza.
Avrei voluto dirle “secession war is over” ma non mi sono sentito il cuore di farlo.
“Viviamo il presente”. Poteva andare?
Altra occhiataccia.
“Appunto” ha detto. “Siamo andati”.
Aveva ragione -di straforo-rischiando una denuncia se non un arresto.
Avrei dovuto capirlo nel momento stesso in cui mi aveva detto -ti mostro un posto- ma non l’ho capito.
IL VIRUS NON PERDONA NESSUNO INCLUSI GLI EROI DI IERI E DI OGGI
“Sai da quanto tempo sono tappata in questa casa del cazzo?”.
Ho risposto da quando lo siamo tutti ma ho pestato un’altra merda e l’ho capito quando ho visto i suoi stivali che sembravano appena comprati: lucidi e immacolati.
“Non ho più sfiorato un lazo” ha detto. “Volevo farlo per ricordarmi quale e’ il mio posto nel mondo ma non ne ho avuto il coraggio”.
“Un dito di whiskey, dai” .
SI LO VOGLIO!
E l’ho scritto in maiscuolo perché mi e’ crollato il mondo addosso al suono di quelle parole.
“Non ho più sfiorato…”.
Ha ripetuto parola per parola con i muscoli del viso talmente tesi da sembrare una statua di ghiaccio, un pupazzo di neve, una vita che si era in effetti congelata per cause di forza maggiore.
VAFFANCULO e l’ho scritto in maiuscuolo e sottolineo che ci siamo presi una sbronza atomica e il giorno seguente l’ho passato con una bacinella sulle ginocchia.
Ho ripensato al cartello con scritto alla bell’e meglio redneck zone e ho capito due cose: la prima ad essere sinceri l’avevo capita già da un pezzo ma la seconda mi suonava come l’inno nazionale alla parata del quattro luglio. Non credo che ci sia altro da aggiungere.
-strappo alla regola e ve lo dico-
la prima: real cowboys will survive, as always (non può essere altrimenti) perché so che prima o poi lo stivale immacolato che spuntava da dietro il divano tornerà ad essere lordo di lacrime, sangue, terra, paglia e fango come e’ giusto che sia quando sei come Becca: l’incarnazione del vecchio sud che se ne fotte del nuovo sud e chi vuol capire capisca.
di Gianmarco Groppelli
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