Archivio | luglio, 2020

the saturday afternoon smoothie

31 Lug

11:30, sabato (2018)

Alzo la cornetta.

Pierluigi batte il suo record a quanto pare, in anticipo di un’ora e mezza rispetto al solito ma la sua voce e’ sempre la stessa (tutta spezzettata) chiama dall’ufficio (tic tac) e (tic tac) in sottofondo.

“Come e’ andata la settimana?”.

“Un frullato di merda e piscio”.

Silenzio.

Mi chiede “Ci sei ancora?”.

“Sono quì, dimmi”.

“Hanno respinto il tuo ultimo manoscritto” fa lui. “Siamo fuori”.

Silenzio.

“Un frullato di merda e piscio e…”.

Gli chiedo se gli scarafaggi lo ripugnano.

“Non ti seguo”.

“Si o no. Ti ripugnano?!”.

“Molto”.

Silenzio.

“Un frullato di merda e piscio e scarafaggi raccattati da dietro la tazza del cesso alle due di notte quando al buio ne hai pestato uno, ovviamente a piedi scalzi”.

“Capisco”.

Silenzio.

“Andrà meglio la prossima volta”.

Mi stringo nelle spalle.

Mi chiede se ci sono ancora.

“Sono quì, dimmi”.

“Temo non ci sia altro”.

A proposito degli scarafaggi. Ho dimenticato; erano spruzzati di vomito perché Gio ha rimesso (pesce guasto) e costava un occhio ma non l’ho detto.

“Andrà meglio la prossima volta”.

“Certo” faccio io. “Si capisce”.

Dice di rimettermi al lavoro. Di non abbattermi. Che caschero’ in piedi (più o meno) come sempre.

E’ un buon manager.

E’ un buon diavolo.

Ti vuole bene.

Gli devi molto.

Cascherai in piedi (più o meno) come sempre.

Certe notizie mi danno sempre lo stimolo di urinare.

Alzo la tavoletta ed eccolo…uno di quei fottuti che ripugnano Pierluigi.

Tutte le estati la stessa storia.

Viola!!!!!! -cazzo- venga quì.

Mi chiede “Che succede?!”.

-senta quelli della disinfestazione-

“Bene”.

“Bene”.

“Che volete mangiare per pranzo?”.

Le dico -nulla- (e) che ho già mangiato.

“Sul serio?!”.

“Puo’ scommetterci lo stipendio”.

“Se posso…”.

“Ah, un frullato da favola” dico. “Un frullato da favola, signorina Viola”.

dal testo “Black bill” di Gianmarco Groppelli

edito da centro culturale “E. Manfredini” Tradizioni e Prospettive

Tutti i diritti sono riservati

Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa senza il permesso dell’Editore

Progetto grafico impaginazione e stampa Nuova Linotipia Piacenza, 29121 Piacenza (PC)

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“Prima visione e altri racconti” di Gianmarco Groppelli Edizioni ITA – UK – U.S.

27 Lug

Giovanotti che per racimolare due soldi posano senza veli.

Police vs Nazis nel giorno della memoria ebraica.

Intimi cinema d’essai : luoghi magici nei quali nutrire cuore e cervello.

Ammiratrici disposte a qualsiasi cosa pur di…

Agenti federali in trasferta.

Disillusi e vinti, anime alla deriva nella Grande Mela.

Improvvisati investigatori a caccia di…

Inquietanti misteri nei ricordi di un reduce di guerra.

Sangue e follia nel giorno più caldo e afoso della storia americana.

Quando la passione per il mondo del cinema può salvare la vita.

L’alta società di Manhattan nel bene e nel male.

Un viaggio di lavoro tutt’altro che ordinario a bordo del possente “White Bear”.

“Prima visione e altri racconti” e’ un’antologia imperdibile per i nostalgici dei tempi andati, ma non solo.

Questo libro e’ un prolungato e sentito tributo all’arte in ogni sua forma.

CONSIGLIATO
Elena Casari

Gianmarco Groppelli, hillbilly
Prima visione e altri racconti

Genere: Fiction/Narrativa

aprile 2013, € 15,30

Casa Editrice Vicolo del Pavone, 29121 Piacenza.

http://www.vicolodelpavone.it
info@vicolodelpavone.it

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Progetto grafico, impaginazione e stampa Tipitalia – Piacenza

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Edizioni Italiane – Amazon

UK version from Amazon online

“Prima visione e altri racconti”

English – by (author) Groppelli Gianmarco. Available from the UK in 3 business days 19,95 add to basket (…) Google

U.S. version by (author) Groppelli Gianmarco. Available from the U.S. in 3 business days 19,95 $ bookstore online and Amazon Ser

2024 4th Ave S, Birmingham, AL 35233, U.S.

fare il nostro dovere 👍 🔫 ☆ 🔫 ☆ 👍☆ ❌ ☆ 🔫 ❌ 👍

26 Lug

The Empire $tate Song

25 Lug

E’ primavera !
Voglio dirti questo oggi, possente big city
-Dio ti benedica selvaggia città-
-Dio ti benedica pazza città-
dove ogni cosa mi appartiene
dove ogni cosa ti appartiene

Stelle lucenti nel buio
Sole raggiante del mattino

Uomini e donne
amanti e bambini vi dico -hi-
(con un Colorado Kool-Aid)
dal mio marciapiede
dal mio piccolo bar
nelle mie piccole mani il mio bicchiere ed io -hi- diciamo così a tutti voi (uno ad uno)

Polizia tutt’intorno
-look at me police officer-
poliziotto(i) virtuosi e coraggiosi vegliate su di noi: proteggete e servite

Mi sento bene oggi
VOGLIO-DEVO sentirmi bene, oggi !

voglio vivere

pregare, bere, leggere, meditare

traboccare di te possente e pazza città con la tua gente:
triste
folle
ricca
confusa
disillusa
esaltata
colta
un pò alla buona
indifferente
socialmente impegnata
politicamente scorretta
curiosa
buffa
inquietante
balorda
umile e dimessa

Dammi le tue mani !
prendi le mie (stanotte) e per sempre

Sto aspettando te signora casta e puttana (stanotte)
STO ASPETTANDO TE POSSENTE CITTÀ

toccami (quì) nel centro dell’universo:
nell’unica vera downtown “a forma” di GRANDE MELA

toccami (quì) nel centro dell’universo:
nell’unica vera downtown “a forma” di GRANDE MELA (stanotte) e per sempre

GIANMARCO GROPPELLI

Rockefeller Plaza
nr.45, 47-50 St
NYC, U.S. 1993

estratto de
“Coni d’ombra e lame di luce”
(meditazioni per chi cerca un senso alla sua vita) di Gianmarco Groppelli

Centro culturale “E. Manfredini”
Tradizioni e Prospettive
Finito di stampare nel mese di marzo 2000

Tutti i diritti sono riservati

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Progetto grafico impaginazione e stampa -Nuova Linotipia- Piacenza

www.piacenzasera.it di Gianmarco Groppelli

24 Lug

Suburbicon – PcSera di GIANMARCO GROPPELLI

SUBURBICON

USA 2017
104 min

Regia di GEORGE CLOONEY

genere: dark comedy-comedy-thriller.
cast: Matt Damon, Julianne Moore, Oscar Isaac, Jack Conley, Megan Ferguson, Michael D. Choen, Glenn Fleshler,Tony Espinosa, Leith Burke, Noah Jupe, Gary Basaraba.
fotografia: Robert Elswit.
musiche: Alexandre Desplat.

Sceneggiatura di Joel e Ethan Coen, George Clooney e Grant Heslow.

Il martello si abbatte sulla ridente cittadina, Suburbicon, nel (1959) più nello specifico su Gardner Lodge, padre di famiglia e uomo savio, coinvolto in una serie di nefasti avvenimenti che gli strapperanno dalle mani i sogni di una vita.

George Clooney si avvale del talento dei fratelli Coen affidando loro la sceneggiatura e attingendo a piene mani dal loro registro cinematografico.
Clooney dirige con gran sentimento e mestiere un film soltanto a una prima occhiata distratta, scanzonato e leggero, ma che invece punta a un bersaglio ben preciso che tutto è…
tranne argomento felice.
Il lungometraggio nel suo intero è di fatto un geniale, livido, coraggioso e sconvolgente quadro della middle class negli anni cinquanta.
Non mancano tocchi grotteschi, risatine a denti stretti, mezzi sorrisi.
Dei “made in Coen”, questo film di Clooney ha tutto il dolceamaro.
Il mordente.
Il colpo di scena improvviso: sacrificio e gloria, sangue e chiesa, opposti che si attraggono e si respingono, spunti di riflessione; una amalgama di humour nero e di lucida, furente, diretta critica all’uomo e alla società.
Un Clooney sorprendente ed insolitamente arrabbiato deciso a scovare, qualora ci sia, la vera giustizia.
Suburbicon è uno strepitoso film di denuncia.
Un film ambizioso e intelligente riuscito su tutti i fronti.
Uno di quei film che resterà sulla bocca della gente per molto, molto tempo.
Lo spettatore siede comodo in poltrona con gli occhi trasognati, pieni della luce del tramonto e da tutta l’eleganza dei giardini e delle villette diligentemente poste l’una accanto all’altra divise da siepi minuziosamente rasate e ben curate, poi accade qualcosa.
E qualcosa ancora.
Questo qualcosa ancora si attacca al qualcosa di prima andando a formare una squallida catena i cui anelli sono fatti di atroce indifferenza, vergogna, violenza, miseria morale e altre aberranti componenti degli esseri umani.
Un film affascinante, duro, tagliente come un rasoio.

Suburbicon ?

Un prodotto destinato soltanto a palati fini, assolutamente sconsigliato agli amanti delle saghe epiche fracassone che mostrano i muscoli della computer grafica.
Quì invece parliamo di grande cinema! Pronunciare la parola Suburbicon è già di per se sufficiente a tracciare una linea (un muro, più che una linea) che divide chi va al cinema tanto per passare il tempo e stare al caldo, da chi va al cinema per nutrire il proprio cuore e il proprio cervello.

Un capolavoro da non perdere.

di Gianmarco Groppelli

Giudizio: ☆☆☆☆☆
PcSera
http://www.piacenzasera.it

novembre 5

branded ‘nd enlisted

24 Lug

Una volta a settimana (da sette anni) un collega di Gio viene a casa nostra (di venerdì pomeriggio alle 17)

Gio gli insegna le malizie del pianoforte o almeno ci prova (ogni venerdì pomeriggio alle 17) da sette anni

e’ un uomo massiccio col farfallino a pois

e’ un ottimo giocatore di bowling

(fotte una sega)

sa cucinare

(noi abbiamo due donne e un uomo indiano che fila come una scheggia per la parentesi pranzo-cena) e altre faccende

conosce a memoria ogni singolo dialogo de “La strada”

(ok, era un gran genio senza dubbio ma a me non e’ mai piaciuto Fellini)

e’ sempre incazzato perciò ABBIAMO LEGATO SUBITO

dal testo “Black bill” di Gianmarco Groppelli

edito da centro culturale “E. Manfredini” Tradizioni e Prospettive 29121 Piacenza (PC) Via Beati 49/A

Tutti i diritti sono riservati

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Progetto grafico impaginazione e stampa Nuova Linotipia Piacenza

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Mercedes-Benz (for lovers only) tonight

21 Lug

non era per caso se camminavo sul ciglio della strada serpeggiante di curve cieche alle due di notte

un qualche posto di blocco della polizia? no! (strano) considerando che era sabato ed era tardi, più che tardi, notte fonda ed ero più che incazzato, anzi, incazzato non rende perciò scriverò dispiaciuto, confuso, vulnerabile fatto sta che c’ero solo io, alberi e buio pesto (IN TUTTI I SENSI) e ci capiamo

mi faccio da parte rallento il passo non tanto perché in debito di ossigeno ma più che altro perché alle mie spalle sento montare un’auto che scheggia e romba di brutto; i fanali credo allo xeno dai, lo dico -sono allo xeno- e lo so per certo dal momento che l’auto di cui parlo l’ho guidata anch’io (due volte sole) ma l’ho portata, da via Beati a Bobbio

nello spiazzo sassoso che si apriva malvolentieri nel buio come a volersi nascondere vedevo la sagoma dell’auto con il motore acceso e tempo zero vola una cicca fuori dal finestrino
apro lo sportello e salgo anche se nell’insieme la faccenda mi e’ estranea, mi confonde, mi annoia, contrasta e stride con la mia “libertà” o meglio sarebbe dire con la mia momentanea voglia di libertà

“sapevo di trovarti quassù”
l’ha detto in un soffio e con risolutezza

l’abitacolo era una camera a gas di Gauloises senza filtro (tabacco nero) difficilmente reperibile in patria (blue, bianco e rosso) assolutamente introvabile nel Belpaese ma ci poteva stare giacché oltre i confini del Belpaese

le ho chiesto se poteva spegnere tutte quelle inutili luminarie e ha detto di nuovo che sapeva di trovarmi (quassù)

una scia rosa molto disco-tendenza abbracciava la plancia strisciando da sotto lungo tutto il cruscotto fino alla portiera del passeggero

motore sempre acceso e lei stava fumando di nuovo

ho guardato sopra al volante “robusto” e ho visto grandi numeri in rosso vivo cerchiati di bianco (250 km/h) la spia della benzina
(giallo canarino) in riserva, il bollino rosso del freno a mano e le spunte blue delle luci

ho tastato senza voltare la testa nella speranza di incontrare la mano di Giovanna che immaginavo sul cambio ma il cambio non c’era e le mie dita sono semplicemente cadute su una sorta di rotella piazzata tra un sedile e l’altro

Giovanna veste sempre di nero ed il contesto era nero come i suoi vestiti

giubbotto rigorosamente in pelle, giacche, cappotti, piumini e t-shirt sempre nere xche’ dice che il nero e’ il suo colore preferito

“guarda che bella!” (quante volte scene così)

vorrei farle notare nel caso non lo sapesse che tecnicamente il nero non e’ un colore ma assenza di luce

nello spettro dei colori li si fanno passare fino ad arrivare al bianco che e’ TUTTI i colori ma proprio non me la sento di impartire lezioni di educazione artistica a una donna che tiene gli anni che tiene e a maggior ragione taccio quando vedo lo scontrino pagato bancomat-carta di credito- e penso ai cari vecchi soldi fruscianti e cartacei, maleodoranti, passati in milioni di non so quante mani prima di arrivare nelle tue, a volte strappati quà e là e ne ho nostalgia ma questa e’ un’altra faccenda

io vedo solo un buio pesto a sinistra, polvere e sassi di fronte per gentile concessione dei fari allo xeno, una biscia che segue il ventre del cruscotto di un colore irritante e l’ho detto a voce “alta” che mi ha rotto e un secondo più tardi non e’ più rosa molto disco-tendenza

meglio? (ora e’ verde)

un po’ meno irritante, si

non sapevo che si potesse cambiare il colore della biscia ma buono a sapersi

non ha detto più nulla per un po’
non ho detto più nulla per un po’

poi qualcosa e’ schizzato fuori dalla macchia e in un secondo, con un balzo, ha attraversato la strada

e’ rimast(o) lì dov’era che sembrava dipinto

aveva occhi gialli (credo fossero gialli) a me sembravano gialli e sporgenti e profondi e tondi ed il resto non lo vedevo però

Giovanna ha detto che era un Capriolo

mi scappa un mi piace questa zona e la sua gente e i suoi animali notturni e la loro birra (anche se non bevo più) e le belle imponenti case bianche con le liste di legno a intrecciarsi sotto a i balconi trionfanti di fiori fragranti e mi trancia dicendo che e’ bene che io sappia che l’ha fatto per mettermi alla prova

hai vinto tu che nel cuore della notte m’hai cercato, “punito” e messo alla prova

una prova che ho perso perché vinci sempre tu e ti darei degli schiaffi perché vinci sempre tu ma i tuoi occhi scuri che adesso han preso un colore assurdo io li vedo dello stesso colore che avevano quando ti conobbi

cinque minuti ancora e quel che la luna porta, come si dice, e ci speravo nella luna ma per ora e’ tutto nero

Venditti canta “Roma capoccia” e mi fa cagare e tu lo adori; stanotte sento che non e’ nulla e me ne frego e lo lascio cantare a patto che la luna porti quel che spero di leggere nei tuoi occhi grandi

come un -si alzi il sipario?-
roba del genere, si

ci spero, Dio si

il Capriolo è sparito proprio adesso che potevo vederlo bene poiché mi son fatto più vicino al posto del guidatore e il guidatore sappiamo tutti chi e’ percio’ non contano più gli occhi gialli (se erano gialli) neri, o vattel@pesca

la luna non si e’ fatta mica vedere

BUIO PESTO

motore spento e adesso non vedo più neanche i suoi occhi spruzzati di verde made in Germany ma le conosco a memoria e le ho trovate al volo (quelle labbra)

la bocca calda e bagnata che m’ha benedetto milioni di volte e altrettante mi ha mandato a fare in culo

fa un freddo cane
si
accendi il motore
no
perché?
reclina il sedile!

l’ho detto che vinci SEMPRE tu

St. Moritz, febbraio 10

dal testo “Del sale era il profumo ” di Gianmarco Groppelli edito da Vicolo del Pavone
Via Giordano Bruno, 6
29121 Piacenza (PC)
2013 ristampa 2015

volume supportato da audio CD per non vedenti

introduzione a cura di Ugo di Martino (udim)

comprensivo di illustrazione del maestro William Xerra

Tutti i diritti sono riservati

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Progetto grafico impaginazione e stampa Tipitalia-Piacenza

acquistabile anche online

Le immagini sono soggette a copyright: Groppelli&GreenInc.

GNIAOPVOALNINA (GIO/NA) VITA MIA

18 Lug

L’ho scritto tante volte in tante poesie: non sono un nostalgico perché vivere nel passato significa ripudiare il presente e di conseguenza non goderne.

L’ho scritto tante volte in tante poesie: non sono un nostalgico perché vivere nel passato significa ripudiare il presente e di conseguenza non goderne.

Non sono un nostalgico e non e’ proprio vero (al 100%) diciamo che non vorrei esserlo perché vivere nel passato significa ripudiare il presente e di conseguenza non goderne ma lo sono anche se non vorrei esserlo (al 100%) perché vivere nel passato significa ripudiare il presente e di conseguenza non goderne e non vorrei esserlo ma un po’ lo sono ma so che non e’ giusto perché vivere nel passato significa ripudiare il presente e di conseguenza non goderne perciò scriverò che “non lo sono” e mi vien da sorridere (right now) computer, tv e radio tutti insieme e la dice lunga, il cellulare più grande di una scarpa piazzato sul tavolo,in verticale, per gustare meglio “My wife and Kids”, Damon Wayans e’ uno spasso e suona pure il telefono del “lavoro” e non rispondo ma il significato non cambia, più tecnologia di così sotto a un tetto minchia davvero fa riflettere proprio ora xche’ vivere nel passato significa ripudiare il presente e di conseguenza non goderne (proprio adesso) paradossalmente tutti gli oggetti elencati e tanto odiosi mi occorrono x ricomporre il passato ma non e’ giusto perché vivere nel passato significa ripudiare il presente e di conseguenza non goderne nondimeno dico che ho “scelto” di gettare un occhio indietro vuoi per tirare due somme al volo, o più semplicemente, per redarguire il mio inconscio che pare voglia struggersi e crogiolarsi nei tempi passati (nel bene e nel male) quindi dico che non sono un nostalgico (al 100%) ma e’ pur vero che per certo verso lo sono ma non voglio quindi “non” sono un nostalgico, tuttavia, oggi qualsiasi cosa pare voler annientarmi e non vi e’ spazio per altro e non voglio essere un nostalgico ma sto già parlando anche se forse non te ne sei accorta dei giorni in fiore odorosi di fiori e dei muretti devastati di scritte e dediche e scarabocchi che in teoria dovrebbero richiamare alla mente dei cuori. Rozze passate e (ri)marcate parole per riassumerne una sola e non c’è bisogno che ti dica quale sia quella parola pensaci un millesimo di secondo e me l’hai sussurrata in una vita e mai abbastanza, incastrati tra un videogioco e l’altro nella sala giochi che sai (una seconda famiglia) promesse ed amici tutt’intorno, aria che non respireremo mai più accanto al biliardo col portiere rosso senza naso che (ricordi?) avevamo battezzato “bello profilo” e non ho vinto una volta ma c’ho lasciato “milioni” lì dentro e noccioline a paragone dei gettoni adoperati per sentirti dopo cena: due ore a parlare di tutto e niente ed e’ sai con nostalgia (lo dico!) si, e lo ripeto NOSTALGIA che sento tornarmi alle orecchie i piatti e inconcludenti e vaneggianti discorsi da adolescente e in quel delirio era un sogno ad occhi aperti tenerti per mano e baciare la tua bocca fredda al sapor di limone (ghiaccioli a raffica in estate) e quanto fumo ho respirato da dentro te ed avevi l’età che avevi e t’avessero beccata a fumare ovviamente la colpa sarebbe stata mia e’ chiaro giacché i tuoi non hanno mai potuto soffrirmi (ed era tremendo) quanto giusto per ragioni che sai e quando i cancelli rossi di Bologna si sono aperti per riestituirmi alla società non c’ho pensato per nulla di chiedere scusa a nessuno men che meno ho pensato di “giustificarmi” coi tuoi che si erano (parole tue) illusi di non avermi più tra le palle e lontano dal tuo cuore forse potevi ricominciare -l’hai detto- così come hai pianto il cortile in estate ogni volta che in punizione ti era negato vedermi – mezz’oretta rubata da tutt’altra parte prima della lezione ed andavi bene e hai fatto carriera ed eri sveglia e bella e donna come adesso coscienziosa ma innamorata sicché abbiamo mollato la via dietro al conservatorio per far ritorno come guerrieri ma mica sconfitti (più forti di prima) e son volate carezze: prima, durante e

dopo (…)

la magia di continuare a volersi nella cantina comune della tua palazzina in mezzo al brontolio della caldaia e i contatori simili a spettatori e c’hai sempre riso di questo…
lì dentro dove per una sorta di misteriosa complicità meccanica, ora ti vedevo ora no, ed eran soltanto comuni luci a tempo sicché ti stringevo più forte senza vederti ma il fremito del tuo corpo appiattito contro al mio la diceva e ne raccontava e se avesse potuto parlare (la immaginavo una voce) quella che chiamavi “di sotto!” e non era una richiesta bensì un non perdiamo tempo -e’ poco- mio padre (…) sapevo(amo) ed eravamo tanto impacciati quanto compresi del nostro ruolo di amanti, sapevo(amo) che a cozzare denti contro denti non era cosa normale e non vi era cosa più bella perché se ci si era cozzati era perché di qualcosa che ora non ricordo (tutto e nulla probabilmente) stavamo ridendo come da che mondo e mondo i ragazzi ridono – per l’appunto di tutto e niente – e ti ridono in faccia fossi anche il Papa xche’ e’ risaputo che l’età più stronza non perdona e non sente ragioni e vive e si nutre solo (e soltanto) di chi si fida: famiglia (a tratti) fidanzata e amici; il resto e’ merda e se il mondo continuava a girare o si fosse pure fermato non me ne sarei neanche accorto: ubriaco dei miei 16 anni ed accecato com’ero d’amore. Sento l’odore fradicio di marciume di quella cantina ancora e ancora e ancora all’infinito così come voglio CONTINUARE ad amarti 4ever&4always nel bene e nel male!

…alla faccia del cazzo,
Groppelli non c’ha nostalgia proprio di nulla e non vive nel passato, no no

…@mici d’oggi un attimo,
ho solo detto che non vorrei esserlo e ho lasciato scritto che NON lo sono ma che io ricordi non ho mai detto di non essere stato un ragazzo (nel bene e nel male) restituito alla società passando attraverso un interminabile galleria di bar fino alle labbra fredde di limone (ghiaccioli a raffica in estate) e lei sa (che sto parlando proprio di LEI) che forse vive (chi può saperlo) nel passato godendo allo stesso tempo del presente.
E’ raro ma può succedere.
Amen!
Ho il computer in fiamme in tutti i sensi ma può tener duro ancora un secondo se un oggetto può voler bene e ne dubito ma ci provo e scrivo SONO UN NOSTALGICO e ti A-M-O dovunque tu sia (…)
love is forever e se non e’ così, pace. A me piace credere che sia così e comunque ad ogni modo TI HO PORTATA ALL’ALTARE ❤❤❤

dal testo “Del sale era il profumo” di Gianmarco Groppelli

edito da Vicolo del Pavone

Via Giordano Bruno, 6 29121 Piacenza (PC)

2013 – ristampa 2015 volume supportato da audio CD per non vedenti

introduzione a cura di Ugo di Martino (Udim)

comprensivo di illustrazione del maestro William Xerra

Tutti i diritti sono riservati

Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa senza il permesso dell’Editore

Progetto grafico impaginazione e stampa Tipitalia-Piacenza

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le immagini sono soggette a copyright

Indiana redneck

8 Lug

Fu in una notte di pioggia che ti conobbi

e fu in una notte di pioggia che mi lasciasti.

La pioggia su i vetri dell’auto come lacrime amare.

Per tutti gli altri e’ semplicemente la stagione delle piogge; non per me.

I wasn’t a redneck

I’m not a redneck

pertanto non mi importa del raccolto e del lavoro.

Dieci anni dopo:
io, la medesima pioggia di allora su i vetri dell’auto come lacrime amare

e un silenzio mortale tutt’intorno.

GIANMARCO GROPPELLI

dal libro “Del sale era il profumo” di Gianmarco Groppelli

acquistabile anche online

Del sale era il profumo
Gianmarco Groppelli,hillbilly
Aprile 2013 – ristampa 2015
casa editrice Vicolo del Pavone
Via. G. Bruno, 6
29121 Piacenza.

Genere: Poesia

Tutti i diritti sono riservati.
Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa senza il permesso dell’Editore.
Progetto grafico, impaginazione e stampa Tipitalia-Piacenza.

spoiled children (like us)

1 Lug

penna-matita-penna-matita-gomma-penna-matita-penna-matita-gomma
ed il foglio rimane bianco e non me lo spiego; mi sento implodere e avvampare
penna-matita-penna-matita-gomma-penna-matita-penna-matita-gomma
ed il foglio rimane bianco

-nulla da dire?- (impossibile)
non in questa mattina bianca di neve sulla quale il sole riverbera mandando flash accecanti e dal mio “trono” a un passo dal bovindo sono più motivato e ispirato che mai tuttavia il foglio rimane bianco come questa mattina bianca di neve nella quale (ri)vivono i ricordi più dolci che possiedo e li vedo (uno ad uno) in spietata competizione ma penna-matita-penna-matita-gomma-penna-matita-penna-matita-gomma e non e’ blocco dello scrittore perché l’ho provato e non ha a che fare (…)

il computer come uno scrigno, un prezioso, un cilindro dal quale cavare parole per le quali valga la pena di vivere e non ho mai sentito urgente come ora il bisogno di violentare penna, matita e gomma (un cassetto per me) e un viale deserto al mattino per un runner e’ al pari, ma non mi spiego il perché di questa insolita paralisi spirituale che oscilla tra il credo e non credo ma il certo e’ che mi occorre una spinta ne più ne meno un avambraccio al quale aggrapparsi per non affondare e sono un vulcano di sentimenti morti che vogliono viceversa esistere restando (porca troia!) temporaneamente congelati in un paradossale inferno sotto a un tetto che non ha a che fare con il mio mestiere e il mio dovere perché incriccarsi e’ una cosa, essere un vaso vuoto e’ un altro paio di maniche e credo di appartenere alla prima categoria (togliamo il credo) e diciamo che la finestra a bovindo non funziona

i pensieri che generalmente mi animano e mi scivolano fuori da penna e matita, computer e cellulare, Dio solo sa dove si stiano nascondendo poiché e’ una finta se “non ho” inchiostro, e’ un passatempo, una burla che inizia a darmi su i nervi a tre giorni dal Santo Natale e superfluo dirlo mi son preso l’impegno come ogni anno nella chiesa di San Giovanni, a due passi ok, fiero e onorato ma
penna-matita-penna-matita-gomma-sono decisamente riluttanti e non capisco il perché del fatto che in questa mattina bianca di neve il foglio debba restare a digiuno e così pensando mi accendo una sigaretta; un vaso vuoto? (noooo!) un fiume in piena, un acquazzone di sublime tormento mi ispira come pure tutte queste cose che ben conosco e che mi abbracciano e mi circondano e si srotolano fino al giardino mi suonano estranee benché questi oggetti (defunti) pur lucidi ma defunti sono stati regolarmente pagati e messi dove sono con uno scopo ben preciso ed e’ presto detto; xche’ gli invitati al prossimo party abbiano ragione di lodare il nostro buon gusto e ci metto anche Giovanna (ovvio) in denaro e intenzioni (siamo fatti così) neanche a dirlo al mio paese si dice SBORONI ma siamo fatti come siamo e non siamo perfetti sicché mandati a quel paese da una mezza dozzina di forza lavoro e non e’ nemmeno da dire che abbiamo un cazzo di fottuto carattere (lo abbiamo) e dal momento che non sono un “tuttologo” e nemmeno un ipocrita lo dico a costo di sputtanare mia moglie (la strada asfaltata che ho imboccato non per caso, e per caso, dopo non so quante polverose sterrate) e giù di Jim Beam colpa mia e la sputtano senza cattiveria e lo dico però lo faccio -con intenzione- perché siamo SBORONI e non esiste in un milione di anni che uno possa dire

“Hey” sai. “Tu…”.

-Che?!-

“Tieni il colletto della camicia pesto e hai le scarpe di uno che e’ andato per funghi”.

NON CREDO PROPRIO!!!
mi dice amo’ sto u$cendo e ti serve niente

no, non mi occorre niente

-evapora!- le mie dita stanno iniziando a pestare sulla tastiera, si salvi chi può e gli appunti a penna-matita-penna-matita e gomma sono BEATAMENTE un lontano ricordo sul fondo del cestino e cascasse il mondo adesso, quì, subito (…) ho da fare e non sto a preoccuparmi della raccolta differenziata (questioni di priorità!)

i cazzo di ospiti: un argomento eccellente e più calzante che mai a tre giorni dal Natale ma non ho ascoltato le loro voci e ci ho rimesso tempo, penne-matite-penne-matite e gomma ma tutto insegna

(smoke and w@it, $●metimeS) ma NON ☛ fumate ci sono io col pacemaker e mi avete capito dai, quindi -don’t call me a icon-

di GIANMARCO GROPPELLI