non era per caso se camminavo sul ciglio della strada serpeggiante di curve cieche alle due di notte
un qualche posto di blocco della polizia? no! (strano) considerando che era sabato ed era tardi, più che tardi, notte fonda ed ero più che incazzato, anzi, incazzato non rende perciò scriverò dispiaciuto, confuso, vulnerabile fatto sta che c’ero solo io, alberi e buio pesto (IN TUTTI I SENSI) e ci capiamo
mi faccio da parte rallento il passo non tanto perché in debito di ossigeno ma più che altro perché alle mie spalle sento montare un’auto che scheggia e romba di brutto; i fanali credo allo xeno dai, lo dico -sono allo xeno- e lo so per certo dal momento che l’auto di cui parlo l’ho guidata anch’io (due volte sole) ma l’ho portata, da via Beati a Bobbio
nello spiazzo sassoso che si apriva malvolentieri nel buio come a volersi nascondere vedevo la sagoma dell’auto con il motore acceso e tempo zero vola una cicca fuori dal finestrino
apro lo sportello e salgo anche se nell’insieme la faccenda mi e’ estranea, mi confonde, mi annoia, contrasta e stride con la mia “libertà” o meglio sarebbe dire con la mia momentanea voglia di libertà
“sapevo di trovarti quassù”
l’ha detto in un soffio e con risolutezza
l’abitacolo era una camera a gas di Gauloises senza filtro (tabacco nero) difficilmente reperibile in patria (blue, bianco e rosso) assolutamente introvabile nel Belpaese ma ci poteva stare giacché oltre i confini del Belpaese
le ho chiesto se poteva spegnere tutte quelle inutili luminarie e ha detto di nuovo che sapeva di trovarmi (quassù)
una scia rosa molto disco-tendenza abbracciava la plancia strisciando da sotto lungo tutto il cruscotto fino alla portiera del passeggero
motore sempre acceso e lei stava fumando di nuovo
ho guardato sopra al volante “robusto” e ho visto grandi numeri in rosso vivo cerchiati di bianco (250 km/h) la spia della benzina
(giallo canarino) in riserva, il bollino rosso del freno a mano e le spunte blue delle luci
ho tastato senza voltare la testa nella speranza di incontrare la mano di Giovanna che immaginavo sul cambio ma il cambio non c’era e le mie dita sono semplicemente cadute su una sorta di rotella piazzata tra un sedile e l’altro
Giovanna veste sempre di nero ed il contesto era nero come i suoi vestiti
giubbotto rigorosamente in pelle, giacche, cappotti, piumini e t-shirt sempre nere xche’ dice che il nero e’ il suo colore preferito
“guarda che bella!” (quante volte scene così)
vorrei farle notare nel caso non lo sapesse che tecnicamente il nero non e’ un colore ma assenza di luce
nello spettro dei colori li si fanno passare fino ad arrivare al bianco che e’ TUTTI i colori ma proprio non me la sento di impartire lezioni di educazione artistica a una donna che tiene gli anni che tiene e a maggior ragione taccio quando vedo lo scontrino pagato bancomat-carta di credito- e penso ai cari vecchi soldi fruscianti e cartacei, maleodoranti, passati in milioni di non so quante mani prima di arrivare nelle tue, a volte strappati quà e là e ne ho nostalgia ma questa e’ un’altra faccenda
io vedo solo un buio pesto a sinistra, polvere e sassi di fronte per gentile concessione dei fari allo xeno, una biscia che segue il ventre del cruscotto di un colore irritante e l’ho detto a voce “alta” che mi ha rotto e un secondo più tardi non e’ più rosa molto disco-tendenza
meglio? (ora e’ verde)
un po’ meno irritante, si
non sapevo che si potesse cambiare il colore della biscia ma buono a sapersi
non ha detto più nulla per un po’
non ho detto più nulla per un po’
poi qualcosa e’ schizzato fuori dalla macchia e in un secondo, con un balzo, ha attraversato la strada
e’ rimast(o) lì dov’era che sembrava dipinto
aveva occhi gialli (credo fossero gialli) a me sembravano gialli e sporgenti e profondi e tondi ed il resto non lo vedevo però
Giovanna ha detto che era un Capriolo
mi scappa un mi piace questa zona e la sua gente e i suoi animali notturni e la loro birra (anche se non bevo più) e le belle imponenti case bianche con le liste di legno a intrecciarsi sotto a i balconi trionfanti di fiori fragranti e mi trancia dicendo che e’ bene che io sappia che l’ha fatto per mettermi alla prova
hai vinto tu che nel cuore della notte m’hai cercato, “punito” e messo alla prova
una prova che ho perso perché vinci sempre tu e ti darei degli schiaffi perché vinci sempre tu ma i tuoi occhi scuri che adesso han preso un colore assurdo io li vedo dello stesso colore che avevano quando ti conobbi
cinque minuti ancora e quel che la luna porta, come si dice, e ci speravo nella luna ma per ora e’ tutto nero
Venditti canta “Roma capoccia” e mi fa cagare e tu lo adori; stanotte sento che non e’ nulla e me ne frego e lo lascio cantare a patto che la luna porti quel che spero di leggere nei tuoi occhi grandi
come un -si alzi il sipario?-
roba del genere, si
ci spero, Dio si
il Capriolo è sparito proprio adesso che potevo vederlo bene poiché mi son fatto più vicino al posto del guidatore e il guidatore sappiamo tutti chi e’ percio’ non contano più gli occhi gialli (se erano gialli) neri, o vattel@pesca
la luna non si e’ fatta mica vedere
BUIO PESTO
motore spento e adesso non vedo più neanche i suoi occhi spruzzati di verde made in Germany ma le conosco a memoria e le ho trovate al volo (quelle labbra)
la bocca calda e bagnata che m’ha benedetto milioni di volte e altrettante mi ha mandato a fare in culo
fa un freddo cane
si
accendi il motore
no
perché?
reclina il sedile!
l’ho detto che vinci SEMPRE tu
St. Moritz, febbraio 10
dal testo “Del sale era il profumo ” di Gianmarco Groppelli edito da Vicolo del Pavone
Via Giordano Bruno, 6
29121 Piacenza (PC)
2013 ristampa 2015
volume supportato da audio CD per non vedenti
introduzione a cura di Ugo di Martino (udim)
comprensivo di illustrazione del maestro William Xerra
Tutti i diritti sono riservati
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Progetto grafico impaginazione e stampa Tipitalia-Piacenza
acquistabile anche online
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