Posso dire di aver speso i miei giorni migliori bramando le cose che bramavano tutti e ciò non mi rendeva dunque diverso da questi tutti ma per certo verso e’ anche vero che lo ero (diverso) come dico sempre nel bene e nel male perche’ scrivevo poesie di notte, anyway. Avevamo una casa sull’albero, cioè, la chiamavamo così ma di fatto era una catapecchia a cento metri dalla ferrata della ferrovia che era stata usata dai soldati come deposito munizioni nella seconda guerra mondiale ed era un cesso abbandonato né più né meno ma a noi piaceva ed avevamo bisogno di questo cesso per sentirsi più uniti se capite che intendo (quando hai 11 anni) nel bene e nel male.
Bramavamo la Chevy ’55 con le fiancate cromate anche se nessuno di noi aveva la patente e guardavamo con una sorta di incuriosito rispetto anche i ragazzi più grandi come Kenneth Nelson che alla tv faceva pubblicità ad un dopobarba verde al mentolo -che avrebbe- garantiva -portato nella vostra vita un alito di freschezza- fatti sentire, uomo! Diceva così. Ovviamente nessuno di noi aveva la men che minima peluria sulla faccia, foruncoli. Certi di noi li avevano (i foruncoli) ma allo spaccio del paese che faceva da benzinaio, supermarket, ferramenta, armeria, bottega di calzolaio e tavola calda quando al turno del pomeriggio c’era Sheldon le sigarette erano gratis e garantite anche se qualcuno di noi li aveva i foruncoli e a uno coi foruncoli non andrebbero date sigarette, che siano gratis o a pagamento.
In estate, il cielo si incurvava sopra alla campagna (al tramonto) era bello, quando di laggiù veniva la musica dei redneck (del Green hole, hillbilly) la fossa, i grandi la chiamavano così la terra oltre i confini di Greenfield dove si faceva musica dal tramonto in poi e si stava insieme dopo aver picchiato la terra per dodici ore filate ma noi avevamo paura e ci avevano messo in guardia contro i redneck e così ci siamo cresciuti con la paura (e l’avversione) nei loro confronti: reietti, scarti della società, trash people peggio di noi che avevamo le pezze al culo, 11 anni e bramavamo la Chevy ’55 con le fiancate cromate ben riposta all’ombra nella rimessa dove i nostri padri nascondevano bottiglie di Whiskey e altri liquori.
Di soldi davvero…
Ma va là, zero o poco ci mancava.
Le canzoni di Merle Haggard mica te le potevi permettere in anteprima e così ti toccava aspettare che fossero stantie. Un’artista che amavano tutti ma un privilegio per pochi, almeno dalle nostre parti.
E poi…bla bla bla.
Morale di questa nostalgica retrospettiva?
Non cela alcuna morale.
Nel bene e nel male e’ solo, appunto, una retrospettiva.
estratto de “Prima visione e altri racconti di Gianmarco Groppelli
edito da Vicolo del Pavone
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